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Quanto siamo realmente in grado di conoscere, dunque di comprendere, l'altro da noi? Questa è la domanda sottesa nelle pagine de "Le feritoie d'alabastro", una raccolta di scritti che indaga gli stati esistenziali dell'uomo dall'angusta prospettiva di una stretta finestra sul mondo, i cui confini sono circoscritti dalla limitata possibilità che abbiamo di scrutare l'intangibile, l'animo del nostro "prossimo".